Status quo bias: l’equilibrio tra il caos e la certezza nel digital marketing

da | Ott 6, 2023 | Neuroscienze | 0 commenti

Ci hanno sempre insegnato a considerare il cambiamento come una possibile perdita. Ci hanno sempre detto che prima di intraprendere un nuovo percorso dobbiamo fare attenzione a quello che stiamo per perdere. Ci hanno sempre comunicato che l’ignoto debba scatenare in noi paura e ansia, un cocktail ormonale che ti spinge a non compiere quel passo che tanto vorresti fare.

Mai lasciare la strada vecchia per la nuova: quante volte i nostri cari ci hanno ripetuto questa frase? In maniera inconsapevole, non hanno fatto altro che installare in noi un vero e proprio bias cognitivo.

Per bias cognitivi intendiamo degli errori di ragionamento, degli automatismi che il nostro cervello attiva in maniera inconsapevole per prendere decisioni. Una vera e propria distorsione nelle valutazioni di concetti, fatti, avvenimenti che ci spingono a creare delle rappresentazioni che non corrispondono alla realtà.

Oggi parleremo di uno dei bias più potenti installati nel cervello umano ossia lo status quo. E soprattutto, comprenderemo insieme come sfruttarlo nelle strategie di digital marketing.

 

Status Quo Bias: cos’è e cosa significa

 

immagine esemplificativa tra il progresso e lo status quoLo status quo bias è la tendenza del cervello umano a considerare il cambiamento come “possibile” perdita. D’altronde le storie che leggiamo o vediamo raccontate nei film ne sono una perfetta testimonianza: quante volte il protagonista del racconto, dinanzi a un possibile cambiamento o alla chiamata di compiere un percorso/viaggio, ha una reazione iniziale di rifiuto?

Un vero e proprio pregiudizio irrazionale per il quale il nuovo è il cattivo, l’antagonista, ciò da cui dobbiamo scappare mentre tutto ciò che conosciamo rientra nella sfera del giusto, del corretto, del mezzo che ci permette di raggiungere gli obiettivi. Ma se così non fosse? Se in questa storia non esistesse un vero antagonista da cui scappare?

Ciò che mi ha sempre affascinato è l’etimologia di questo potente bias. L’espressione status quo deriva dalla frase latina Statu Quo Ante Bellum, ossia lo stato di cose prima della guerra. Questa espressione era utilizzata nei trattati di pace per indicare:

  1. il ritiro delle truppe dai campi;
  2. il ritorno alla situazione pre-guerra;
  3. l’equilibrio ristabilitosi prima del caos.

Ecco, ancora oggi, possiamo dire che lo status quo gioca proprio sul sottile equilibrio tra calma e caos, sicurezza e novità, certezza e incertezza.

 

La storia dello Status Quo Bias

 

Immagine della lattina di new Coke di fianco alla classica Coca ColaTra i primi ad affrontare questo bias sono stati Williams Samuelson e Richard Zeckhauser nella loro meta analisi “Status Quo Bias in Decision Making”. L’analisi, pubblicata nel 1988, ha evidenziato come questo bias influenzasse notevolmente i processi decisionali.

Qualche esempio? Li ho raccolti proprio per te che stai leggendo questo approfondimento.

Campo assicurativo. Andiamo negli Stati del New Jersey e della Pennsylvania. In entrambi gli Stati, venne condotto un esperimento molto simile. Ai cittadini era stata posta una scelta: – da un lato scegliere una polizza economica (che aveva dei limiti nel diritto di citare in giudizio) e una meno economica e più onerosa (che non poneva questi limiti). C’è un grande però. La scelta era stata condizionata sin dall’inizio perché l’impostazione assicurativa di default prevedeva per i cittadini del New Jersey la polizza più economica, mentre per quelli della Pennsylvania quella più costosa. Al momento della scelta, i risultati furono chiari: se solo il 23% dei cittadini del New Jersey avesse scelto l’opzione completa, in Pennsylvania il numero salì al 53%. Cosa dimostra questo esempio? Che la partenza influenza la nostra capacità decisionale. Quello che già conosciamo è per noi sintomo di sicurezza, di correttezza, di giustizia. Ma non sempre la realtà è quella che ci raccontiamo;

La nuova Coca Cola. La novità spaventa. Sempre. Anche quando a presentarcela è un brand forte e amato come quello di Coca Cola. Erano gli anni Ottanta, quando in seguito a una crisi di mercato in America, il brand decise di formulare una nuova ricetta che si avvicinasse alle esigenze dei consumatori. All’assaggio ebbe tantissimi pareri positivi tanto che decise di soprannominare questa bevanda “La nuova Coca Cola”. Da quel momento decretò la fine del successo di questa ricetta. Perché? I consumatori non accettavano il marchio “nuovo” applicato su ogni bottiglia, benché in fase di assaggio alla cieca, i test erano risultati estremamente positivi.

 

Dalla psicologia al marketing: i tre pilastri che supportano lo status quo

 

Immagine esemplificativa della difficoltà di cambiareCosa supporta un bias cognitivo così radicato nella nostra mente? Quali sono i pregiudizi psicologici che si instaurano nel nostro cervello? Cosa ci spinge a rifiutare la novità?

La risposta sta in questi tre fenomeni:

  1. avversione alla perdita. Sappiamo quello che lasciamo, ma non sappiamo ciò che troveremo. C’è chi la chiama razionalità, chi prudenza, noi la definiamo avversione alla perdita. Quando si tratta di compiere un cambiamento, si valutano dapprima le potenziali perdite e poi si pensa ai futuri guadagni, evidenziando le prime e sottovalutando i secondi. A dirlo sono numerosi studi scientifici che hanno testimoniato l’evidenza dell’avversione alla perdita.
  2. Paura dell’incertezza. Lo abbiamo detto all’inizio dell’articolo. L’incerto fa paura perché non possiamo dominarlo. Non lo conosciamo e dunque scappa dal nostro controllo. Ecco perché preferiamo restare in quella che viene definita zona comfort, anche quando spesso non lo è;
  3. Resistenza al cambiamento. Siamo nati, siamo cresciuti e ci evolviamo con la capacità di resistere a ogni cambiamento. Con l’esperienza accumulata negli anni riusciamo a gestire determinate situazioni, ma quando arriva una novità, il sistema cognitivo e decisionale va in caos, perde l’equilibrio e non sappiamo come agire.

Ora tutti questi pregiudizi e bias come trovano applicazione nel marketing digitale? Te lo spieghiamo subito.

 

Come sfruttare lo status quo bias nel digital marketing?

 

Sin dai tempi antichi, sin dalla sopravvivenza, l’essere umano conserva delle strutture mentali destinate a durare per l’eternità. Tra queste, abbiamo i bias cognitivi per i quali la perdita di un possibile oggetto o servizio non ci fa apprezzare il guadagno di prodotti o servizi aggiuntivi. Si chiama effetto dotazione, endowment effect, la tendenza a dare valore superiore ai beni che possediamo e non a quelli che mancano.

Torniamo a noi. Nella fase pratica, come sfrutto lo status quo, l’avversione alla perdita, la paura dell’ignoto nel digital marketing?

Qualche consiglio te lo do io in questo articolo:

  1. Non usare mai la parola perdita o perdere all’interno della tua comunicazione. Non farai altro che allontanare i potenziali consumatori e clienti del tuo brand. La perdita deve essere allontanata, il guadagno del cambiamento testimoniato. Cosa ottengo di concreto con il tuo servizio? Perché devo cambiare la compagnia assicurativa e scegliere la tua offerta? In questo caso, il servizio diventa un beneficio, il risparmio prende il posto sulla paura dell’ignoto, le persone sapranno esattamente come cambierà la loro vita.
  2. Se l’ignoto fa paura, allora comunica la conoscenza. I clienti non vogliono scegliere qualcosa di cui non sanno l’esito, non amano correre alcun rischio. Per questo, con dati, testimonianze, recensioni testimonia la validità di quello che stai offrendo. E per conoscenza non intendiamo le caratteristiche tecniche del tuo prodotto, ma come la loro vita cambierà da quando l’avranno scelto;
  3. Sfrutta l’effetto dotazione. Dai subito qualcosa ai tuoi potenziali clienti senza chiedere loro di compiere alcun passo. In questo modo, si sentiranno sicuri nella loro comfort zone e non potranno mai rinunciare ad avere un prodotto in più. Una volta che approcceranno al tuo brand, lo conosceranno e la conoscenza li renderà più sereni nel cambiare percorso.

Le armi di persuasioni di Robert Cialdini vengono in nostro aiuto nella gestione di questo potente bias: sfruttiamo la legge della scarsità e della riprova sociale. Ma entrambe devono partire dalla risoluzione di un problema reale. E dunque dobbiamo dapprima comunicare, evidenziare, sottolineare il problema grande che i nostri clienti stanno affrontando, vivono e magari ignorano perché troppo comodi nella loro situazione attuale. Una volta che il problema stimolerà la produzione di cortisolo, andremo a stimolare dopamina e serotonina con le nostre soluzioni. Soluzioni che devono essere urgentemente applicate e che non saranno disponibili a lungo. D’altronde, se il problema non esiste, perché dovrebbe voler cambiare percorso?

Se la riprova sociale è stata approfondita in questa guida, l’argomento del prossimo articolo sarà proprio la legge della scarsità. Se sei interessato agli argomenti che tratto nella mia rubrica di Neuromarketing iscriviti alla newsletter così da essere aggiornato su tutte le pubblicazioni.

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